Recensioni Giuria Tecnica del Premio Insula Romana – Sez. Poesia Inedita 2020

Poesia 1a classificata –  La Maria “Arbota” di Ornella Fiorini  –  Ostiglia (MN)

Jenny Rebecca Oliensis – Componente Giuria Tecnica del Premio

Volevo fare un catalogo della luna nella poesia anglosassone, spesso emblematico dell’immaginazione poetica. Ho pensato subito a due poesie, una di un poeta del romanticismo inglese, Coleridge l’altra di uno statunitense moderno Wallace Stevens (che scrive spesso della luna). Ma mi ha colpito cosi tanto la poesia di Coleridge “Frost at Midnight” (Gelo a Mezzanotte) sopratutto  gli ultimi due versi che parlano dei “..silent icicles/ Quietly shining to the quiet moon” (..silenziosi ghiaccioli/ Quietamente scintillanti alla quieta Luna) e mi sono fermata li. Mi piaceva molto questa sua luna di ascolto e dialogo e mi sembrava illuminasse molto bene la poesia della Maria “Arbota” dove la luna è immaginazione/compassione (e forse non ci può essere compassione senza immaginazione che ci permette di entrare nella vita altrui, di vivere da vicino ciò che ci poteva sembrare prima lontano.)

Allora un po’ di osservazioni:

1) La poesia è composta da (ma non divisa in) 10 quartine (con rime), ma filano una dopo l’altra senza essere contraddistinte. Cosi non richiama l’attenzione ne sulla metrica ne sulla rima che rischiano cosi di passare inosservate come la Maria stessa..

2) Mi piace molto che il poeta se ne vada, ma poi ritorni per riprendere ad osservare Maria perché sembra una metafora per la poesia stessa che ci rallenta, ci fa soffermare, tornare sulle cose, pensarci due volte.

3) Maria mi è sembrata una divinità mesta, arcaica, della terra (il focolare/la notte /i gatti) che racchiude dentro di sé morte/lutto ma anche gioia, rifioritura. Ha fiori sul grembiule e le faville sono come le lucciole di maggio. Mi è balzato in mente Demetra nel suo inno di Omero (dopo di tutto Persefone, dea della primavera è sua figlia) — allora morte buio miseria carestia, ma anche rinascita fiori luce dorata d’estate profumi.

4) il mondo di Maria è umile, ma anche limitato con il suo mite giudizio (con “gli occhi a guardare il cielo”) che la gente è tutta matta.

5) Ma anche lei è matta. Lo siamo tutti; forse bisogna esserlo un po’ per vivere autenticamente come noi stessi.

6) E la luna è un po’ la benedizione di tutti.

7) Il poeta/osservatore che si ferma a guardare e si commuove davanti alla casa di Maria diventa anche egli più umano.

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Poesia 2a classificata –  “L’aria di tutti” di Mauro Barbetti  –  Osimo (AN)

Valter Papa – Componente Giuria Tecnica del Premio

Pessimismo…. potrei chiudere qui il commento, ma la poesia è tutto sommato bella! C’è una forte denuncia di appiattimento del mondo moderno, sia fisico che morale, rappresentando in maniera sintetica ed efficace il mondo quotidiano percepito, l’autore sembra voler dare una sferzata provando ad “entrare dove non si accede” e cioè recondita e nella coscienza delle genti. Si accorge però che questa impresa è difficilissima perché gli sembra che oggi ormai sia stato tutto detto e tutto pensato e i più non fanno altro che ripetere in modi diversi cosa è già stato detto e pensato. E non sostante il tentativo che fa di “emergere la sera” per respirare “l’aria di tutti” è costretto a tornare dove la sua anima trova pace cioè nel suo “metro”: la poesia. Quattro strofe dunque permeate di pessimismo e di ossessione di ricerca di un quid che possa smentire tale sentimento di impotenza, un tentativo di appigliarsi ad un barlume di speranza che però sembra venir costantemente spento. Questa negatività nasce e si riflette sulla società, verso la quale mostra piena sfiducia, tanto da rifugiarsi sempre nella sua poesia.

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Poesia 3a classificata –  “Cumè töte le matìne” di Valeria Groppelli  –  Crema (CR)

Jacopo Manna – Componente Giuria Tecnica del Premio

La poesia ha una struttura bipartita, anche se non subito evidente: a dissimularla provvedono sia l’irregolarità dei versi, di lunghezza estremamente diseguale (da sette a quattordici sillabe) che si susseguono con una cadenza ispirata ai flussi verbali del parlato, sia l’andamento delle frasi, rese omogenee dall’uso prevalente della paratassi ma anch’esse diseguali per lunghezza. Dietro questo apparente fluttuare del discorso c’è però un punto di riferimento: la formula cumè töte le matìne che fa da titolo alla poesia e che si ripete due volte in una posizione non simmetrica ma regolare, cioè all’inizio ed esattamente a due terzi del testo, creando un effetto di decentramento. Nella prima parte del testo i rituali ripetitivi della giornata di lavoro vengono esposti seguendo un ritmo leggermente monotono; se però osserviamo i particolari che vengono proposti al nostro sguardo scopriremo che in questa sorta di elenco le azioni e le cose vengono inquadrate in maniera frammentaria e ravvicinata, come se la realtà quotidiana fosse composta di dettagli che non riescono a combinarsi in una visuale d’insieme, prive di qualunque cornice che non sia la ripetitività. Questa impressione generale viene interrotta a tradimento dopo il verso 16 che, come già detto, riprende sia il titolo che l’incipit suggerendo quindi la stessa continuità ossessiva che domina nei primi quindici versi: ma il tono viene subito smentito da una serie di informazioni (la fabbrica ha chiuso, non c’è più lavoro) che contraddicono in modo drastico la parte iniziale della poesia. L’effetto che se ne ottiene è sapientemente ambiguo: un’alternativa (i sògn ridotti in fragòie, in briciole, come peraltro tutto il resto della realtà) sarà possibile, o toccherà ridursi addirittura a rimpiangere il grigiore della vita di prima? Se questa, sintetizzata dal töte le matìne ribattuto tre volte, dominava la parte iniziale, l’altra formula-chiave, i sògn,  anticipa (al verso 14) il passaggio alla seconda parte e, ultima parola in assoluto, la conclude.

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Poesia 4a classificata –  “Stile Libero”  di Fabio Muccin – Pordenone

Oretta Guidi – Presidente della Giuria Tecnica del Premio

Nel breve arco di 14 versi si consuma l’intera lirica. Nel mare moto, dopo avere sperimentato il dorso e la rana, si staglia la possibilità di scegliere una accurata bracciata a farfalla e su questo si scandisce la possibilità di opporsi ai cavalloni. L’intera lirica gioca sull’opportunità di scegliere lo stile di nuoto preferibile, ma nel mare pressante della vita è difficile rimanere a galla. La poesia senza artifici alimenta con il complesso mutare degli stili la possibilità degli scambi, mentre l’incauto nuotatore fa di tutto per mettersi  in salvo.

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Poesia 5a classificata –  “Joyland”  di Paolo Borsoni – Ancona

Aurora Panzolini – Componente Giuria Tecnica del Premio

“Joyland” è una composizione ricca di immagini, visibili grazie all’uso che fa l’autore di un linguaggio semplice ma mirato, di conseguenza efficace. L’autore descrive due ragazzi giovani ai quali ancora è concesso sognare, ma usando delle negazioni per descriverli “Non sono arrabbiati, non sono tristi. […] Non studiano. Non lavorano […] non si muovono.” da’ l’idea al lettore che i protagonisti, non essendo descrivibili con aggettivi ben precisi, siano fermi nel presente “nemico”. Centrando pienamente il tema di quest’anno, l’autore ci descrive la figura dello sconfitto, in questo caso i due sono sconfitti da un presente che fa allontanare il futuro che sognano (come descritto negli ultimi versi). Nella composizione viene indirettamente affrontato un tema molto attuale: la fissità dei giovani, che molto spesso, come dice anche l’autore, sono “impanati in una palude acquitrinosa” non riuscendo a uscirne o forse non vogliono uscirne…ma questa è tutta un’altra storia

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Verbale Vincitori – 16.11.2020